La Biennale n.3 - Il Padiglione Italia.

E' passato un po' di tempo, ci ho dovuto pensare e ne ho dovuto leggere.
Questa Biennale è sicuramente più rumorosa di altre, ovviamente per chi gliene frega, se non altro per il baccano delle feste che ci sono state durante la settimana di inaugurazione o  per alcune colossali installazioni un po pretenziose e così pomposamente statunitensi.
Il pezzo più pregiato però rimane a mio avviso uno, l'urlo più dissonante non è un opera è proprio quell'intero ammassarsi di opere che è il padiglione Italia.
Ma forse un senso lo ha; o almeno nella testa del suo illustre curatore sicuramente lo ha, molto meno negli sguardi allibiti dei visitatori.
Il commento più bello me lo ha fatto un mio amico davanti ad una birra proprio durante le inaugurazioni, il Padiglione Italia altro non è che il suo curatore, presunzione pura, incomprensibile forse agli stranieri ma mio malgrado forse anche troppo per gli Italiani, se guardato nel modo giusto.
Oggettivamente il padiglione è brutto, o per lo meno confuso. Troppe opere, accatastate senza soluzione di continuità, ovunque, con delle cassette di legno sparse quanto le opere dove sono scritti i nomi dell'artista e del magnate di turno; perché più che di intellettuali estranei al mondo ufficiale dell'arte parlerei proprio di protettori, e in fin dei conti, riprendendo una delle tante critiche lette, forse questa è proprio l'Italia.
Il padiglione rispecchia proprio l'Italia delle amicizie, dei favori, della politica che chiede per dare, e allora così si crea un contenitore dove gli amici si accompagnano entusiasti, dove il presunto protagonista sfrutta un istituzione internazionale per pubblicizzare il suo lavoro Iper-locale, dove, durante l'inaugurazione, a un urlo di critica, che si alza tra la folla di parenti e amici, si risponde con degli insulti gratuiti ed estremamente televisivi, come se fossimo in una di quelle belle arene della domenica pomeriggio dove sul trespolo guarda caso c'è proprio il nostro curatore.
E allora perché meravigliarsi, perché criticare, in fondo noi siamo proprio questo no? e se l'opera di Sgarbi non fosse stata altro che una gustosissima performance "azionista leghista"?

Rabbrividisco all'idea lo ammetto...




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