Il voto è un dovere!

Ho sempre timbrato la scheda elettorale. Anche questa volta.
Sono sempre andato al seggio con una forte convinzione. Questa volta no.
Per giorni ho sperato che non fosse vero, che non dovessimo affrontare questa cosa.
Ho seguito dei comizi, sono stato in piazza e ho addirittura sopportato 20 minuti di tribuna politica di Berlusconi, in bici via radio, comica direi; e nonostante tutto questo ancora non credevo fosse vero.
Non poteva essere vero che fossimo chiamati alle urne dal solito nano voglioso, dal solito urlatore furioso, dai soliti filofascisti, dai soliti contadini e dai soliti apatici sindacalisti. Ma poi ho pensato che in effetti anche noi elettori siamo i soliti illusi, gnoccoloni e distratti.
E così ieri, dopo le varie esibizioni di intenti di amici e conoscenti e dei mezzi di comunicazione, che furbescamente intimavano la non necessità di fare appelli al voto dicendo che il voto è un dovere e quindi appellandosi al voto, mi sono deciso di affrontare quel lungo cammino che mi avrebbe portato al seggio.
Un boccone amaro che andava annegato.
Brutta bestia l'indecisione, brutta bestia la convinzione unica che qualunque fosse stata la mia scelta sarebbe stata sbagliata. Come decidere. Come votare?
Sicuramente l'alcool avrebbe aiutato almeno per sciogliere un poco quella tensione che avevo in petto e quella voglia di bruciare il seggio.
E così la prima tappa è stata il bar. Uno spritz e via si va a votare... mi fumo una sigaretta che è meglio... forse è meglio se faccio due passi...
Un'ora è passata a girare da un posto all'altro, tanto per passarci davanti, tanto per perdere tempo. Un altro spritz forse è meglio. E' così che sono arrivato al seggio.
Era vuoto, non c'era nessuno, i poveri scrutatori e guardie li a passare il tempo è il seggio senza nessuno dentro.
Io sto fuori a guardare, entra un uomo vestito con pantaloni acqua alta, mocassini con tacco e calzini bianchi, cappotto lungo con collo di pelliccia. Esce. Ha votato.
Entra una ragazza, ben vestita, truccata, sorridente. Esce. Ha votato.
Entra un ragazzo, giubbotto a mezza gamba, marsupio e sneakers, non esce... ?
Entro. E mi guardo intorno.
Arrivo davanti alla porta della classe, guardo i simboli sui poster e mi sento male, leggo le liste dei candidati e mi viene voglia di andar via, leggo le sanzioni penali per ogni comportamento scorretto e metto via l'accendino, meglio sedersi e pensarci ancora un pochino.
Fisso un poco attonito quei poster dei simboli. Non so che fare. Scelgo il meno peggio? scrivo una bestemmia? me ne vado?
No votare è un dovere e la scelta non dovrebbe essere una toppa, non voglio cadere nel tranello del meno peggio e non voglio nemmeno fare la fine di un numero in un conteggio di votanti.
E così mi decido e chiedo una sola cosa al presidente del seggio: "come posso fare per non votare?"
Lui mi guarda mi dice che posso andare via, io ripspondo di no, così mi legge la normativa in materia di rifiuto.
 Mi consegna un foglio protocollo, e mi fa sedere su un banchetto di quella che era la mia scuola media, sembravano più grandi i banchetti quando ero piccolo io.
Scrivo così:
Il sottoscritto Matteo Simonetti dichiara di rifiutare le schede elettorali in quanto non si sente rappresentato dai candidati al governo del suo paese.
A malincuore,
in fede. Padova, 24 Febbraio 2013
Matteo Simonetti



Commenti

Post più popolari